21nov 2022
GIUSTI WINE: SAUVIGNON NEPIS DA VITIGNI RESISTENTI E ALTRE ETICHETTE
Articolo di: Fabiano Guatteri

Ermenegildo Giusti, nato nella campagna veneta, presto emigra in Canada dove fonda un solido gruppo di società nel settore dell'edilizia industriale pesante, commerciale e residenziale. Uomo di successo nel Nuovo Continente, non resiste però al richiamo delle sue radici che lo riportano in Italia, a Nervesa della Battaglia (TV) ai piedi del Montello, terra vocata alla viticoltura, ritenuta tale già ai tempi della Serenissima.

 

Qui getta le basi per realizzare un progetto che comprende la produzione di vini d’eccellenza. Partito nel 2004 da un piccolo vigneto, oggi le sue dieci tenute si sviluppano su 125 ettari. L’abbiamo conosciuto in occasione di un press lunch organizzato dall’agenzia di comunicazione Gheusis presso il ristorante illiberty Milano dove ha presentato alcune referenze della sua Cantina, la Giusti Wine. Alla presentazione sono intervenuti Graziana Grassini dal 2020 enologa della Cantina e il prof. Stefano Poni  dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza

 

Protagonista dell’evento Sauvignon Nepis, vino che ha la particolarità di essere prodotto con “vitigni resistenti” conosciuti anche con l’acronimo PIWI dal tedesco pilzwiderstandfähig che significa “viti resistenti ai funghi”.

 

 

Vitigni Resistenti

 

Il prof. Stefano Poni  spiega che questi vitigni sono di grande importanza in quanto richiedono trattamenti minimi, decisamente inferiori a qualsiasi tipo di conduzione, a tutto vantaggio non solo delle uve, ma soprattutto dell’ambiente, con un sensibile abbattimento dei costi.
A tutt’oggi i vitigni resistenti registrati come tali nel Catalogo Nazionale delle Varietà di Vite  sono 35 dei quali 16 di uve a bacca bianca e 19 a bacca rossa. Numero che sta progressivamente aumentando grazie alla ricerca che produce sempre nuovi genotipi.

 

Parliamo però di una realtà ancora limitata se si considera che la superficie dei vigneti con vitigni PIWI è inferiore ai 1000 ettari su 655mila ettari di vigneti in Italia. Va però detto che il significato di questi quasi 1000 ettari sta crescendo in maniera esponenziale. Da notare che sono distribuiti innanzitutto in Veneto e a seguire in Friuli, Trentino-Alto Adige, Lombardia, Emilia, e non a caso. Infatti le regioni maggiormente interessate sono quelle più vicine ai centri che hanno il merito di essere stati i primi ad avere avviato un programma di miglioramento genetico delle viti ossia l’Università degli Studi di Udine,  l’Istituto di Genomica Applicata  e in un secondo momento l’Istituto di San Michele all’Adige.  

 

Guardando all’Europa, la viticoltura occupa il 3% della superficie agricola coltivabile, ma utilizza il 65% dei pesticidi. Pertanto si può comprendere l’importanza ambientale che rivestono questi vitigni. Ma come si creano? Un vitigno resistente nasce da un incrocio, nulla a che vedere con gli OGM, ossia gli organismi geneticamente modificati. Per arrivare a ottenere vitigni resistenti occorrono almeno 12 anni. Sono resistenti perché il primo incrocio vede la “madre” ossia la varietà d’uva che si vuole rendere resistente, e il “padre” vale a dire una vite non vinifera, per cui non adatta alla vinificazione, che si chiama bianca, ma che contiene i geni di resistenza. Va detto che la maggior parte dei vitigni con i geni di resistenza non appartiene alla specie Vitis vinifera per cui da questo primo incrocio l’uva ottenuta non è adatta alla vinificazione. Il “figlio” ottenuto viene pertanto incrociato con la madre e così si procede incrociando figlio e madre per più generazioni sino a ottenere un vitigno che è per il 99% Vitis vinifera e il restante 1% bianca.

 

Graziana Grassini fa parte del Comitato Nazionale Vini, nominata dal Ministro delle Politiche Agricole e ha le competenze per completare da un punto di vista legislativo il quadro delineato dal prof. Poni. Ha spiegato, infatti, che la normativa europea prevede la presenza di vitigni resistenti nelle Denominazioni di Origine e nelle IGT, pertanto le varie DOC e DOCG italiane possono decidere se inserirli o meno nei propri disciplinari, facendone richiesta al Ministero delle Politiche Agricole. Alcuni vini da PIWI sono già IGT in quanto se l’IGT non nega il vitigno, questo è automaticamente ammesso alla produzione.

 


I vini in degustazione

 

Se il protagonista dell’incontro è il Sauvignon Nepis, non è però l’unico attore in quanto sono stati presentati altri vini rappresentativi dell’azienda (foto 1).

 

Asolo Prosecco Superiore DOCG By Graziana Grassini (foto 2)
Le uve glera sono raccolte a mano, e alla vendemia fa seguito un percorso atto a salvaguardare l’integrità dell’acino per scongiurare la possibilità che gli enzimi ossidativi possano attaccare la buccia. La cantina di vinificazione dispone del massimo della tecnologia: le uve sono state messe a grappolo intero in pressa; il mosto ottenuto chiarificato e decantato è avviato alla fermentazione, poi sosta sui lieviti per 2 mesi, ed è spumantizzato in autoclave con lieviti selezionati e aggiunta di mosto concentrato solido, ossia glucosio e fruttosio. In genere la spumantizzazione avviene con l’aggiunta zucchero di canna o di barbabietola; utilizzare il mosto secco è  più oneroso, ma come spiega Grassini, garantisce una più elevata qualità del prodotto. La spumantizzazione, ossia la sosta sur lie si protrae per sei mesi: in questo modo nasce un Prosecco con bolle piccole, ossia uno Charmat con le sembianze del Classico zero zuccheri, extra brut.

 

Note gustative
Possiede colore giallo paglierino con i riflessi verdi.
Al naso il profumo è pulito, con ricordi di mela, pera, acacia.
In bocca è fresco, verticale, note saline e nuance amaricanti.

 

Abbinamenti
Cappesante impanate e fritte, tartare di ricciola.

 

 

Sant’Eustachio Sauvignon Nepis Veneto IGT 2021 (foto 3)
Le uve (foto 4) hanno intensi aromi tiolici, e questi si possono avvertire  assaggiandole; come il sauvignon hanno un momento di picco dato dal massimo contenuto di questi precursori aromatici. Pertanto occorre monitorarle costantemente in modo da cogliere l’attimo di maggiore intensità, e quindi vendemmiarle tempestivamente perché dopo quel momento l’aromaticità si attenua. La raccolta è manuale, viene rispettata l’integrità degli acini e in cantina le uve sono accolte dalla massima tecnologia. L’uva diraspata, arriva nella pressa inertizzata con azoto per lavorare in ambiente riduttivo. Ciò perché gli aromi tiolici più entrano a contatto con l’aria e maggiormente si disperdono. La vinificazione non fa ricorso ai solfiti e in merito l’enologa è molto chiara in quanto se occorre solfitare bisogna farlo alla fine della fermentazione perché diversamente si inbirebbe parte del patrimonio aromatico delle uve. La chiusura delle bottiglia e con tappi a vite Stelvin, Nomacorc e tappo sughero. Stelvin, spiega l’enologa, garantisce una maggiore integrità. Chiude benissimo, preserva dalle ossidazioni e soprattutto non comunica sentori come il sughero.
Intenso e complesso e di piacevolissima finezza ed eleganza, al naso le note fresche di frutta esotica si fondono con sentori erbacei, si riconoscono il lime, l’ananas, il pompelmo rosa e il cedro insieme a mentuccia, basilico, fiori di sambuco. In bocca freschezza e croccantezza fanno da spalla a una bilanciata alcolicità, con un finale lungamente fresca che riporta alla base agrumata e vegetale.

 

Note gustative
Nel calice riflette colore giallo paglierino.
Il profumo è ampio, intenso, armonico con ricordi agrumati, sentori di mango e di ananas e di fiori di sambuco.
In bocca è freschezza dotaro di uaben delineata spalla acida, e ben integrata alcolicità, con un finale fresco agrumato e vegetale.

 

Abbinamenti
Quenelle al salmone affumicato, gamberi al cocco e zafferano.

 


Augusto Recantina Tenuta Emily 2019 (foto 5)
La recantina è un vitigno autoctono del Montello quasi estinto 200 anni fa. Negli anni novanta sono state individuate e riconosciute alcune di queste piante nei vigneti della Giusti Wine. La denominazione dell’uva e quindi del vino è promettete perché nasce dall’unione dei sostantivi Re e Cantina, per cui il Re della Cantina. Durante le dominazioni straniere questo vitigno venne eradicato per lasciare spazio a quelli internazionali. L’Azienda ha cominciato a vinificarlo nel 2014 , ma è stato con l’arrivo di Graziana Grassini che il vino ha avuto un’accelerata qualitativa. Infatti l’enologa, ha subito intuito le potenzialità di queste uve: si tratta di un vitigno diverso che permette di dare vita a vini fortemente caratterizzati. Con il nuovo progetto è  vinificato in anfora di terra dell’Impruneta, vaso vinario in cui si è espressa al meglio. Il 2019 è stato elevato in botti di rovere di Slavonia. La prima bottiglia di recantina è stata vinificata nel 2014.

 

Note gustative
Il colore rosso rubino intenso.
Al naso se ne coglie la complessità olfattiva, con netti sentori di prugna e di ribes nero, con ricordi floreali di viola.
Nonostante il patrimonio di antociani e tannini In bocca risulta gentile, morbido, scorrevole e intenso, con tannini soffice e fresco che allunga il sorso.

 

Abbinamenti
Ravioli d’anatra, faraona in casseruola

 

 

Montello Rosso DOCG Superiore 2019 (foto 6)
La raccolta delle uve cabernet sauvignon e merlot è manuale, la vinificazione avviene in serbatoi Gimar e il vino ottenuto è elevato in legno per 20 mesi. La tendenza è ridurre la sosta in legno per conferire maggiore valore all’espressione del vitigno e privilegiare l’affinamento in bottiglia. Ciò che si vuole ottenere è la pulizia dei profumi, ossia l’espressione dei profumi. L’enologa sottolinea che se l’uva ha le potenzialità non occorrono anni in legno, perché il vetro dà il suo apporto. Quando si è conclusa l’interazione tannino legno ossigeno, spiega ancora l’enologa, il tannino è maturo, e gli aromi “sono venuti fuori. Eleviamo in legno, perché legno non significa solo ossigeno, ma anche tannini, altre molecole che interagiscono con il vino e lo potenziano, conferiscono complessità, lo aiutano ad esprimersi”. Per quanto riguarda il blend cabernet sauvignon e merlot, non ci sono percentuali fisse, dipende dall’annata: si definiscono di volta in volta le percentuali più idonee anche se in linea di massima si attesta attestano attorno al 50%.

 

Note gustative
Colore rosso rubino intenso
Al naso note piene di frutta rossa estiva, sentori balsamici e speziati.
In bocca è pieno, corposo, caldo, rotondo con tannini morbidi.

 

Abbinamenti
Pappardelle al sugo di lepre, brasato di manzo al vino rosso

 

 

Conclusione


Abbiamo degustato vini insoliti, non scontati e per certi versi sorprendenti. Sarebbe interessante provare tra un anno queste referenze, quando cioè lo stile di Graziana Grassini si potrà cogliere non solo in alcuni vini o in nuce, ma pienamente. Di fatto abbiamo degustato vini diretti, complessi, puliti, eleganti che sanno emozionare. Del resto l’enologa quando afferma “per me il vino è scienza, e l’enologo deve utilizzare le sue conoscenze per produrre il migliore vino… ma quello che comanda è la creatività, l’arte, l’emozione. Ed è questo il mio modo di intendere il vino” per noi ha detto tutto.

 

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