28apr 2020
TURISMO DEL VINO E COVID-19. LO RACCONTA DONATELLA CINELLI COLOMBINI
Articolo di: CityLightsNews

Le devastanti conseguenze economiche di coronavirus sono note. Il comparto vinicolo purtroppo non fa eccezione, anche se l’e-commerce si è notevolmente intensificato e molte cantine si sono strutturate per la consegna a domicilio anche in altre regioni. Per quanto riguarda il Turismo del vino, Donatella Cinelli Colombini, ideatrice della giornata Cantine Aperte e prima promotrice del turismo del vino in Italia, docente di enoturismo in Master universitari e autrice di tre manuali sulla wine hospitality, in merito è tranchant: “covid ha ucciso il turismo del vino”. La ripartenza dopo la fase 1 sarà sicuramente problematica con esiti incerti.
I dati che Cinelli Colombini illustra sono inequivocabili: un miliardo e quattrocento milioni di viaggiatori l’anno con un business mondiale intorno a 1.300 miliardi bloccato dalla paura.
 
Paura di salire in aereo dove potrebbero esserci dei passeggeri contagiosi oppure di andare in alberghi o ristoranti. L’isolamento sociale, ha aumentato la percezione di pericolo rispetto a tutto quello che sta fuori delle mura domestiche per cui le vacanze, più che momenti di evasione, appaiono come esperienze ansiogene con il coronavirus sempre in agguato.

Meglio evitare, quindi, di prenotare le vacanze? Una prospettiva che la Presidente della Commissione Europea, l’ormai nota Ursula Von der Leyen ha espresso con la frase "non prenotare le vacanze della prossima estate" e che il Presidente dell’Istituto Superiore della Sanità Silvio Brusaferro ha ripreso il 17 aprile "è presto per pensare alle vacanze".


Pertanto le vacanze si trascorreranno nei propri Paesi, quindi anche gli italiani sceglieranno un turismo domestico e pertanto le regioni più colpite saranno quelle con un forte turismo straniero. come la Toscana  dove gli arrivi dall’estero hanno percentuali molto alte e fra loro gli statunitensi sono numerosi (9% degli arrivi totali). Qui si sta delineando un autentico tracollo. Il turismo estero, ricorda Colombini Cinelli, vale oltre 40 miliardi per l’Italia.

 

Va ancora considerato, come spiega Colombini Cinelli, il quadro che si è delineato in campagna dove il turismo si è sviluppato negli ultimi anni sotto forma di agriturismo e turismo enogastronomico. In queste zone, ad esempio, i ristoranti non hanno, oppure hanno pochissima clientela locale e, rispetto ai colleghi di città non possono usare il delivery come alternativa. Non è da escludere che molti decideranno di rimanere chiusi per tutto il 2020.

 

Colombini Cinelli mette in luce un altro aspetto da considerare in merito alla diminuzione dei flussi turistici: gli effetti dell’eventuale contagio dove, per ora, l’epidemia di coronavirus è stata quasi assente. “Prendiamo in esame le attività turistiche più problematiche, quelle delle aziende agricole – ricettività, ristorazione e enoturismo –  che sono accessorie e spesso in promiscuità, con i lavori propriamente agricoli. Portando i visitatori in azienda aumenta il numero delle misure protettive da prendere nell’impresa nel suo complesso, ma soprattutto aumenta la probabilità di contrarre il covid. In una simile eventualità l’obbligo di quarantena potrebbe riguardare sia chi lavora nell’hospitality che il personale di cantine, uffici, vigneti e altre attività tipicamente rurali, con il blocco totale di ogni produzione.” 

 

Per quanto riguarda le destinazioni del turismo enogastronomico che, ricorda Colombini Cinelli “negli ultimi anni sono cresciute a doppia cifra facendo da locomotore alla ripresa del turismo in Italia, il futuro prossimo appare molto preoccupante. Il Chianti classico, le Langhe, la Valpolicella... hanno costruito un autentico sistema economico sull’attrattiva vino con alberghi e agriturismi, ristoranti, enoteche, cantine aperte al pubblico per visite, degustazioni e vendita diretta.

 

Per restringere alle sole cantine, l’esame dei problemi turistici creati dal coronavirus, è ipotizzabile che le 25.000 aziende enologiche italiane aperte al pubblico e fra esse le 5-8.000 ben organizzate per l’hospitality, occupino intorno a 30.000 dipendenti stagionali addetti all’enoturismo, oltre al personale a tempo indeterminato e ai membri delle famiglie produttrici. Tutte persone che potrebbero rimanere senza lavoro.

 

Se andiamo a vedere il contraccolpo economico della mancanza di vendita diretta nelle cantine abbiamo dati altrettanto sconfortanti: 2-2,5 miliardi di Euro che costituiscono una liquidità importante per le imprese italiane ma soprattutto una fonte di guadagno con marginalità nettamente più alta rispetto ai normali canali commerciali.

 

Come ha ben messo in evidenza Roberta Gribaldi nei suoi Rapporti sul turismo enogastronomico in Italia e dalle Città del Vino con l’Osservatorio diretto dal Professor Giuseppe Festa, il turismo del vino comprende un articolata serie di consumi che solo parzialmente riguardano le cantine. E’ da presumere che per un Euro speso nell’acquisto di bottiglie il visitatore ne paghi altri 5 nelle zone del vino per mangiare, dormire, fare shopping di specialità tradizionali o partecipare a eventi, corsi, degustazioni e altre occasioni di intrattenimento.”  

 

Donatella Colombini Cinelli conclude ricordando che “secondo i dati della Banca d’Italia (2019) i turisti esteri in Italia spendono 12 miliardi all’anno in cibo e vino consumato nei pasti oppure acquistato come shopping goloso. Un autentico motore per la ristorazione e i negozi di tutte le città turistiche. Un motore che oggi è spento e farà rallentare anche chi riforniva questi luoghi di consumo e vendita cioè le cantine e i produttori di specialità alimentari di eccellenza.  Non scordiamoci che fino allo scorso anno metà dei 58 milioni di turisti stranieri in Italia aveva comprato almeno una bottiglia di vino”.

 

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Photo 1 : Photorama da Pixabay
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