19mag 2023
I primi 130 anni delle Cantine altoatesine di Andriano e di Terlano
Articolo di: Fabiano Guatteri

Andriano e Terlano, due comuni, due Cantine Sociali, due territori che si specchiano l’un con l’altro uno a sinistra e l’alto a destra dello stesso tratto dell’Adige. Così vicini, ma tanto diversi, almeno i vini. Ad Andriano i terreni sono calcarei, a Terlano vulcanici, ad Andriano le uve maturano due settimane dopo di quelle di Terlano, e anche i vini differiscono essendo quelli andrianesi più ricchi di acidità. Due territori quindi vicini e complementari perché ciò che manca a uno si ritrova nell’altro e viceversa.

 

 

Le due Cantine

 

Le due Cantine Sociali furono fondate nel 1893, prima Andriano e dopo pochi mesi Terlano, e sono le più antiche della regione. I produttori altoatesini hanno seguito il loro esempio, dimostrando al resto del paese come questa organizzazione produttiva possa portare all’eccellenza in quanto non ha limiti qualitativi. E nel resto dell’Italia in cui cantina cooperativa era sinonimo di vino ordinario, l’Alto Adige ha fatto scuola, anche se a tutt’oggi forse c’è qualcuno che non lo ha ancora capito.

 

Nel 2008 Andriano e Terlano si sono fuse così che ora condividono lo stesso percorso. Oggi la Cantina di Andriano conta una sessantina di viticoltori conferitori che coltiva complessivamente 80 ettari in ripidi vigneti sulla sponda destra del fiume Adige mentre fanno riferimento alla Cantina di Terlano 143 soci che coltivano 190 ettari.

 

E a 130 anni dalla loro nascita le due Cantine hanno voluto festeggiare a Milano in un evento organizzato dall’agenzia di comunicazione Thurner PR,  presso il ristorante Ceresio 7, con la partecipazione di Klaus Gasser e di Rudi Kofler (nell'ordine a sinstra e a destra nella foto 1), rispettivamente Direttore Commerciale ed Enologo delle due cantine.

 

La società cooperativa nata, inizialmente come una esigenza storica, è divenuta poi una modalità di lavoro che ha creato un modello d’eccellenza altoatesino, seguito poi da molte altre realtà del territorio, e capace di creare un unicum a livello nazionale”, commenta Klaus Gasseresprimere al meglio la combinazione fra la collocazione geografica, il terreno e il clima, ha permesso di promuovere, al tempo stesso, l’identità del posto mantenendo viva una volontà costante di ricerca di nuove strade per infondere alle tradizioni del passato la vitalità del presente, conservandole per il futuro”.

 

Il segreto di un vino eccellente” sottolinea Rudi Kofler, “consiste in un lavoro in vigna e in cantina estremamente attento e che è sempre frutto della dedizione dei viticoltori e della passione che li lega alla loro terra. Ogni singolo viticoltore è seguito per tutta l’anno dal nostro team tecnico garantendo l’ingresso in cantina di solo uve perfette per creare vini che avranno la capacità di narrare nel calice le proprie origini”.

 

E ancora Klaus Gasser afferma: “La nostra mentalità è di fare vini senza scadenza. Devono rimanere piacevoli negli anni e ciò vale sia per i bianchi sia per i rossi”.

 

E questa è l’eredità di Sebastian Stocker,  enologo nella cantina di Terlano dal 1955 al 1993, che introdusse la pratica di far maturare i vini sui lieviti fini così da renderli particolarmente longevi in controtendenza rispetto all’opinione diffusa per cui i vini bianchi dovessero essere consumati giovani e comunque non fossero idonei a lunghi affinamenti.

 

Nel corso dell’evento, sono state proposte quattro verticali di altrettante linee particolarmente significative delle due cantine, integrate da un banco d’assaggio che comprendeva altre importanti etichette.
Le verticali hanno evidenziato la longevità anche dei vini bianchi rivendicata da Gasser.

 

 

Terlano


Primo Terlaner I Grande Cuvée (foto 2)
Eravamo alla ricerca di una sintesi perfetta” spiega Rudi Kofler “espressione dell’anima più pura della Cantina Terlano. Un vino che rappresentasse pienamente la nostra secolare tradizione, che riunisse in sé l’eccellenza dei nostri migliori vitigni e dei vigneti più pregiati. La nostra ricerca ha raggiunto il suo scopo con Primo Terlaner I Grande Cuvée.”

 

Si tratta dell’espressione massima del Pinot Bianco, e non solo della Cantina, considerato che è reputato tra i più significativi, se non il più significativo, della regione.

 

La verticale proposta ha visto le annate 2013, 2015, 2017, 2018, 2019. Dopo la pressatura del grappolo intero il mosto fermenta in botti di rovere di 30 hl o di 12 hl; il vino è poi elevato in botti tradizionali per 12 mesi, dove svolge la malolattica.

 

Nell’uvaggio della 2013 il 90% delle uve sono di pinot bianco completato da quote di chardonnay (7%) e sauvignon (3%). Alla degustazione mostra un grande equilibrio con ben delineate note minerali e sapidità.

A sua volta la 2015 è piena, morbida con tensione acida e nota sapida. Nelle annate successive pur rimanendo il pinot bianco il primo vitigno dell’uvaggio, ha preso maggiore spazio lo chardonnay, e da ultimo anche il sauvignon. Pertanto alla mineralità e alla sapidità che caratterizza questi vini si è aggiunta la rotondità e la struttura dello chardonnay, quindi una maggiore aromaticità data dal sauvignon.

La 2017 si mostra fruttata, complessa, meno minerale, ma più rotonda delle annate precedenti così come la 2018 con la sua verticalità, sino ad arrivare alla 2019 che riflette la felicità dell’annata con un’ottima spalla acida, struttura, oltre a un’espressione di piacevole aromaticità.
A ciò si aggiunga una freschezza comune a tutti i vini degustati che contribuisce, assieme ai tocchi minerali, a conferire eleganza al sorso.


Nova Domus Terlaner Riserva (foto 3)
"Questo Terlaner Classicoracconta Rudi Koflerricalca tutti i pregi della sua zona di produzione, e si presenta come vino vigoroso, ricco di sfaccettature e impreziosito da note minerali. Esprime pienamente tutto il suo potenziale solo dopo molti anni d’invecchiamento in bottiglia."
È un blend di uve pinot bianco 60%, chardonnay 30% e sauvignon 10%, coltivate nella zona di Terlano e nel vino si evidenzia l’equilibrio di questi vitigni. Nella verticale abbiamo degustato le annate 2013, 2014, 2015, 2016, 2017.
La vinificazione prevede pigiatura delicata a grappolo intero e sfecciatura per sedimentazione naturale. La fermentazione si svolge a temperatura controllata in botti di legno grande (30 hl). Pinot bianco e Chardonnay svolgono la malolattica. I vini sono elevati per 12 mesi sui lieviti fini in botti di legno grande. Le partite sono assemblate tre mesi prima dell’imbottigliamento.
Sono vini dal bel colore paglierino con riflessi verdi pur nelle differenze dettate dalle annate e dall’affinamento. La 2013 piace per il profumo ampio avvolgente, suadente con ricordi fruttati di melone e di frutta tropicale; in bocca è fresca, cremosa, armonica con note mineralità e piacevoli sentori fruttati già percepiti in fase olfattiva. La 2014, nonostante l’estate segnatamente piovosa, si rivela intensa, equilibrata dotata di piacevole morbidezza. La 2015 è strutturata, complessa, intensa, mentre la 2016 possiede note sapide e fresche che danno ritmo ed eleganza al sorso; la 2017, infine ha una ben espressa acidità, e scorrevole, meno esuberante in fase olfattiva.

 

 

Andriano

 

Andrius Sauvignon (foto 4)
Vino prodotto con uve sauvignon allevate a 260-380 metri di altitudine in terreni rossastri e argillosi di roccia calcarea con stratificazioni di pietra dolomitica. Il mosto fermenta in recipienti d’acciaio inox.
Andrius Sauvignon 2011 matura sui lieviti per 6 mesi e alla degustazione ha colore giallo paglierino con riflessi verdi. Al naso è ricco, con ricordi di frutta estiva a polpa gialla e di note floreali; in bocca è morbido, ampio, complesso, dotato di salda struttura e di freschezza che rende il sorso teso. Un vino in piena evoluzione senza cenni di stanchezza; lungo finale con lieve nota amaricante. È un vino nella piena maturità e dimostra un perfetto equilibrio di tutte le componenti.

 

Andrius Sauvignon nelle annate 2015, 2016 e 2020 la maturazione si è svolta in fusti di acciaio inox, eccetto il 30% che è stato elevato in botti di legno grande. Pur nelle diversità sono vini sempre armonici, dotati di freschezza che li verticalizza, con note saline più accentuate nell’annata 2020, scorrevole nella sua piacevolezza di vino giovane. La 2019 è stata vinificata come le altre annate, mentre in fase di affinamento il 20% del vino è stato elevato in tonneau. Alla degustazione possiede promettente complessità, armonico avvolgente, fresco e di spessore.

 

Tor di Lupo Lagrein Riserva (foto 5)
Il vigneto dimora in terreno roccioso sabbioso a 250 metri di altitudine. La vinificazione tradizionale in rosso avviene in recipienti di acciaio inox; la fermentazione malolattica e l’elevamento si svolgono in barrique.
La 2011 possiede colore rosso rubino con riflessi violacei, con ricordi di piccoli frutti e sentori speziati: è un vino piacevolmente fresco con trama tannica che fa da sfondo. Nella 2013 l’impatto olfattivo è ampio, si colgono ricordi di ciliegia, di cacao, ricordi balsamici, mentre in bocca mostra la sua corposità con lungo finale. Nella 2015 ancora frutta, anche confettura; l’impatto è morbido e il sorso è teso. Nella 2018 si riconoscono frutti di bosco; la spalla acida bilancia i tannini; la 2019 è giovane, ma pronta con tannini gentili e freschezza che invoglia al sorso successivo.

 

Il banco d’assaggio ha visto la presenza di altri qualificati vini di entrambe le cantine oltre a una selezione di Champagne Legras & Haas (foto 6) distribuita dalla Terlano per una questione di affinità; come spiega Klaus Gasser, i vini della cantina, come lo Champagne, sostano a lungo sui lieviti fini in fase di maturazione.

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